Notizie IA Logo

AITalk

Notizie ed analisi sull'Intelligenza Artificiale

L'AI consumer nel 2025: Perché più scelta non ha creato più cambiamento

Generative AEthics & SocietyBusiness
Video

ai-consumer-2025.jpg

Il 2025 doveva essere l'anno della maturità per l'intelligenza artificiale consumer. OpenAI ha presentato dozzine di funzionalità: GPT-4o Image che aggiungeva un milione di utenti all'ora durante il picco, l'app standalone Sora, le chat di gruppo, Tasks, Study Mode. Google ha risposto con Nano Banana che ha generato 200 milioni di immagini nella prima settimana, seguito da Veo 3 per i video. Anthropic ha lanciato Skills e Artifacts. xAI ha portato Grok da zero a 9,5 milioni di utenti attivi giornalieri. Un'attività frenetica, un catalogo in espansione continua.

Eppure gli utenti non si sono mossi. Meno del 10% degli utenti settimanali di ChatGPT ha visitato anche solo un altro dei grandi provider di modelli durante l'anno. Dati di Yipit mostrano che solo il 9% dei consumatori paga per più di un abbonamento tra ChatGPT, Gemini, Claude e Cursor. La corsa all'innovazione dei laboratori si è scontrata contro una muraglia di inerzia comportamentale. Come nel paradosso della scelta descritto da Barry Schwartz, più opzioni non hanno generato più switching, ma paralisi decisionale.

L'analisi di Andreessen Horowitz fotografa una dissonanza profonda: l'utilizzo complessivo dell'AI è cresciuto, ma la diversificazione delle scelte no. Il mercato si è espanso verticalmente, non orizzontalmente. Gli utenti usano di più ciò che già usavano, raramente esplorano alternative. È come se il 2025 avesse dimostrato che nell'AI consumer non vince chi innova di più, ma chi conquista per primo l'abitudine.

La monarchia di ChatGPT

I numeri raccontano una dominanza schiacciante. ChatGPT ha raggiunto tra 800 e 900 milioni di utenti attivi settimanali su tutte le piattaforme, consolidando la sua posizione dopo essere diventato nel 2023 il prodotto più veloce di sempre a toccare 100 milioni di utenti. Gemini, il secondo classificato, si ferma al 34% della scala di ChatGPT sul web e al 40% su mobile. Ma è sul fronte dell'engagement che il divario diventa abissale: ChatGPT vanta un DAU/MAU del 36%, quasi il doppio del 21% di Gemini. E la retention al dodicesimo mese sul desktop racconta la stessa storia: 50% contro 25%.

Questi non sono semplici dati di mercato, sono indicatori di abitudini radicate. La retention doppia significa che per ogni utente che Gemini riesce a mantenere dopo un anno, ChatGPT ne mantiene due. Il DAU/MAU più alto indica che gli utenti tornano più frequentemente, trasformando ChatGPT in un'abitudine quotidiana piuttosto che in uno strumento occasionale. Come la memoria muscolare di un atleta, dove ogni movimento diventa automatico dopo ore di pratica, l'interfaccia di ChatGPT si è sedimentata nella memoria procedurale di centinaia di milioni di persone.

La strategia di OpenAI per il 2025 è stata chiara: consolidare tutto dentro ChatGPT. Pulse per gli aggiornamenti quotidiani, Group Chats per la collaborazione, Record per le trascrizioni, Shopping Research, Tasks, Study Mode. Ogni nuova funzionalità veniva spinta attraverso l'interfaccia esistente. Ma come nota l'analisi a16z, nessuna di queste esperienze ha veramente sfondato in termini di utilizzo o retention. Il problema? È difficile offrire un'esperienza di prima classe quando devi operare dentro i vincoli di un'interfaccia generalista già affollata.

Le eccezioni confermano la regola. Sora, lanciata come app standalone, ha superato 12 milioni di download globali come strumento creativo, ma ha fallito come app social con una retention inferiore all'8% al trentesimo giorno, ben sotto la soglia del 30% delle app consumer di successo. Atlas, il browser di ChatGPT, è un prodotto potente ma meno del 5% degli utenti ha visitato la pagina di download, limitato a macOS e oscurato dalla dominanza dell'interfaccia chat.

Il cimitero delle funzionalità

C'è un pattern ricorrente nelle strategie 2025 dei grandi laboratori: feature overload. OpenAI ha integrato Connectors per collegare ChatGPT a G Suite, Microsoft, Notion, Stripe, Slack. Ha lanciato Agent per generare presentazioni e analisi, anche se nei test risulta ancora lento e instabile. Google ha rilasciato Portraits, Doppl, Whisk, Gems, una sequenza di esperimenti che hanno visto traction limitata. Anthropic ha aggiunto Voice Mode, Memory, Web Search, Research, recuperando terreno su funzionalità che ChatGPT aveva già da tempo.

Ma il problema non è la qualità tecnica. È che ogni nuova feature si aggiunge a un'interfaccia già satura. Come in Metal Gear Solid V, dove Kojima aveva accumulato così tanti sistemi di gameplay che la curva di apprendimento scoraggiava i nuovi giocatori, l'AI consumer rischia di soffocare sotto il peso delle proprie capacità. Steve Krug nel suo classico "Don't Make Me Think" sosteneva che ogni scelta richiesta all'utente è un costo cognitivo. Quando apri ChatGPT oggi ti trovi davanti a: chat standard, chat vocale, Canvas per documenti, Agent per task complessi, Tasks per promemoria, Study Mode per l'apprendimento, Shopping Research, Sora per video. Otto modalità diverse, ognuna con logiche specifiche.

Il risultato è che la maggior parte degli utenti si attacca a ciò che conosce. La curva di adozione delle nuove funzionalità è lenta, la scoperta passiva quasi inesistente. Google ha adottato l'approccio opposto: creare superfici dedicate. NotebookLM, lanciato come prodotto separato, ha visto gli utenti web più che raddoppiare anno su anno a novembre, e l'app mobile, uscita a maggio, conta 8 milioni di utenti attivi mensili. Il prodotto continua a evolversi con generazione di slide, video overview, infografiche, ma senza inquinare l'esperienza core di Gemini.

Questa dicotomia riflette una tensione fondamentale nel design di prodotto: concentrazione versus diversificazione. OpenAI scommette che la distribuzione vincente sia avere tutto in un posto. Google sperimenta che le esperienze dedicate possano vivere di vita propria. I dati suggeriscono che quando un prodotto ha un job-to-be-done chiaro e distintivo, gli utenti lo adottano. Quando è una feature tra tante, anche se tecnicamente superiore, fatica a emergere. image1.jpg Immagine trattta da a16z.com

La trappola della distribuzione

Google dovrebbe vincere per distacco. Gemini è integrato in Chrome, Gmail, Meet, Android. È preinstallato su miliardi di dispositivi. Eppure ChatGPT, che gli utenti devono cercare attivamente, mantiene un vantaggio di scala tre a uno sul web. Come è possibile? La risposta sta nel fraintendimento di cosa significhi distribuzione nell'era dell'AI.

La distribuzione passiva funziona quando l'utente non ha alternative credibili o quando il costo di switching è proibitivo. Ma l'AI è diversa. Gli utenti hanno già scelto il loro assistente preferito, hanno costruito un modello mentale di come interagirci, hanno accumulato conversazioni e contesto. Passare a Gemini non significa solo aprire una nuova app, significa riaddestrare abitudini cognitive. È come chiedere a un chitarrista che ha suonato Gibson per vent'anni di passare a Fender: tecnicamente può fare le stesse cose, ma il feeling è diverso, e quel feeling conta.

Eppure Gemini sta accelerando. La crescita degli utenti desktop è del 155% anno su anno contro il 23% di ChatGPT, e il ritmo è aumentato negli ultimi cinque mesi consecutivi. Nano Banana, il modello di generazione immagini virale, ha portato 10 milioni di nuovi utenti nella prima settimana. Sul fronte paid, Gemini cresce ancora più velocemente: quasi il 300% anno su anno per gli abbonamenti Pro, contro il 155% di ChatGPT. La retention degli utenti paganti si avvicina: 68% al dodicesimo mese per ChatGPT, 57% per Gemini.

Questi numeri raccontano che la partita non è chiusa. Google sta trovando angoli di attacco: modelli virali che generano passaparola organico, integrazione nei workflow esistenti che abbassa le barriere cognitive, pricing aggressivo per convertire utenti free. Ma la strada è in salita. ChatGPT ha il vantaggio del primo arrivato amplificato dall'effetto network delle conversazioni condivise e dalla brand awareness (consapevolezza del marchio) che rasenta il generico (come Google per la ricerca, ChatGPT sta diventando sinonimo di AI chat).

Il tentativo di Google di inserire AI Mode nella ricerca, disponibile da maggio, mostra solo il 2% degli utenti settimanali che ci interagisce. La distribuzione conta, ma non basta. Serve un motivo convincente per cambiare abitudini, e quel motivo non può essere solo "abbiamo l'AI anche noi".

L'eccezione che conferma la regola

Mentre i giganti si scontrano sullo stesso terreno delle chat generaliste, alcune startup stanno dimostrando che esistono modi alternativi di vincere. Il modello è semplice: identifica un use case verticale, costruisci un'esperienza dedicata ottimizzata per quello specifico lavoro, evita il rumore delle feature generaliste.

Character AI per compagnia e gioco di ruolo, Suno per la generazione musicale, Eleven Labs per le voci sintetiche, Replit per il coding collaborativo, Gamma per le presentazioni, Lovable e Manus per il design. Ognuno di questi prodotti ha raggiunto milioni di utenti e, come nota a16z, ha fatto crescere i ricavi più velocemente che mai nella storia del software consumer. Il segreto? Interfacce definite che danno superpoteri specifici invece di promettere capacità infinite.

Anthropic ha capito questa lezione. Invece di inseguire il mercato di massa, si è concentrata sul prosumer tecnico. Claude Code, il tool da command line per coding agente, ha raggiunto un miliardo di dollari di run rate in sei mesi. Skills e Artifacts, lanciati nell'anno, sono servizi potenti per utenti sofisticati che non hanno bisogno di essere guidati per mano. La strategia è chiara: meglio essere indispensabili per un milione di developer che marginalmente utili per cento milioni di utenti casuali.

Perplexity segue una filosofia simile. Comet, il loro browser AI, ha superato un milione di utenti puntando sul "productivity hacker" che vuole integrare la ricerca nel flusso di lavoro. L'Email Assistant e gli strumenti per lo shopping conversazionale costruiscono un ecosistema per chi vuole massimizzare l'efficienza. Con oltre 20 milioni di utenti attivi mensili e un run rate di 100 milioni di dollari annunciato a marzo, Perplexity dimostra che c'è spazio per player focalizzati.

Anche xAI ha trovato la sua nicchia. Grok, che a inizio anno aveva zero utenti standalone, chiude dicembre con 9,5 milioni di utenti attivi giornalieri e 38 milioni mensili. La scommessa su Companions con personalità controverse e su modelli di generazione video con audio e lip sync velocissimi ha creato un posizionamento distintivo. L'integrazione profonda con X, dove puoi modificare qualsiasi immagine della timeline con un long tap, trasforma l'AI in layer nativo del social network.

Questi casi suggeriscono che il futuro dell'AI consumer non sarà il vincitore prende tutto, ma il vincitore per categoria. I grandi modelli generalisti cattureranno la maggioranza del mercato mainstream, ma lasceranno ampi spazi per esperienze verticali eccellenti. Come nel gaming, dove Call of Duty domina gli shooter ma Hades conquista gli amanti dei roguelike, l'AI avrà blockbuster generalisti e cult hit specializzati.

Il 2026 delle scelte difficili

Il 2026 si apre con tre domande fondamentali che definiranno la prossima fase dell'AI consumer. La prima riguarda la monetizzazione. Con solo il 5% degli utenti di ChatGPT che paga, e circa 1,8 miliardi di persone che usano AI consumer secondo varie stime, il gap tra utilizzo e ricavi è enorme. Gli abbonamenti da soli non bastano. OpenAI sta sperimentando con la pubblicità, Perplexity con fee su transazioni e affiliate per lo shopping, altri con marketplace di agenti. Il modello economico sostenibile deve ancora emergere.

La seconda domanda è sulla saturazione dell'esperienza utente. I laboratori continueranno ad accumulare capacità sulle interfacce esistenti? Se sì, rischiamo il collasso cognitivo: troppe funzioni, troppe modalità, troppa complessità per l'utente medio. L'alternativa è proliferare app dedicate, ma questo richiede investimenti enormi in marketing e acquisizione utenti per ognuna. Apple ha dimostrato con le app native di iOS che si può fare, ma serve una visione di ecosistema che i laboratori AI devono ancora articolare chiaramente.

La terza domanda riguarda la scoperta. Come fanno gli utenti a trovare le nuove funzionalità? OpenAI sta lanciando Apps, un'infrastruttura per permettere a developer terzi di costruire esperienze dentro ChatGPT. Se funziona, potrebbe diventare la prima vera piattaforma consumer nuova in oltre un decennio. Ma deve risolvere il paradosso del Connectors: dare abbastanza libertà ai developer per creare magia, senza frammentare l'esperienza core. Un'impresa che ha fatto fallire molti prima, da Facebook Platform a Amazon Alexa Skills.

Intanto i comportamenti degli utenti restano il fattore più resistente al cambiamento. L'inerzia non è pigrizia, è economia cognitiva. Cambiare strumento significa reimparare pattern di interazione, ricostruire fiducia nella qualità dell'output, migrare contesto e cronologia. Il costo è reale, anche se invisibile. Per superarlo serve un vantaggio percepito enorme, non incrementale. Gemini sta guadagnando terreno offrendo modelli creativi virali. Claude conquista developer con performance superiori su task tecnici. Meta e xAI puntano sull'integrazione nativa nei loro social network. Ma nessuno ha ancora trovato la formula magica per il mass switching.

Il rischio vero è che il divario tra capacità tecniche e adozione reale continui ad allargarsi. I laboratori migliorano i modelli ogni trimestre, aggiungono modalità multimodali, ampliano il context window, riducono la latenza. Ma se il 90% degli utenti usa ancora solo un assistente, e il 91% paga per massimo uno, tutta questa potenza computazionale si trasforma in overfitting del prodotto. È come avere un'auto che fa 400 km/h quando il limite di velocità è 130: impressionante sulla carta, irrilevante nell'uso quotidiano.

Il 2025 ha dimostrato che nell'AI consumer la tecnologia non basta. Serve design che riduce la complessità invece di accumularla, distribuzione che crea abitudine invece di semplice presenza, proposte di valore così chiare che l'utente non deve pensare. I laboratori che capiranno questo vinceranno il 2026. Gli altri continueranno a costruire cattedrali nel deserto, perfette e vuote.